giovedì 27 agosto 2009

MORTE IN NORMANDIA



Ci sono stato. Dopo anni di attesa ci sono stato. In Normandia, sulle spiagge dello sbarco.
Volevo esserci, dove la battaglia si è svolta. Volevo vedere.
Non so cosa pensavo di trovare, ma so cosa ho trovato.
Ho trovato la morte. Lei è stata la. Forte, FORTE. In gran quantità. E, se sai fermarti, guardare, lei è ancora la.
E’ sulle spiagge, deserte, silenziose. Pochi hanno il coraggio di andarci a ridere o far l’amore. Spiagge lunghe, piatte o scocese. Silenziose.
È nelle rovine delle fortificazioni, con i crateri delle mille bombe cadute li intorno ancora visibili.
I bambini scendono e salgono, non capiscono, beati loro. Centinaia di crateri. Pochi vedono, ma è stata li.
Ed è nei cimiteri. Ne ho visti due. Quello tedesco e quello americano. Cosi diversi. Poche persone in quello tedesco, centinaia in quello americano. I vincitori
Cosi diversi. Ma cosi uguali. Leggi nomi, nomi nomi. Ragazzi di 18 anni. Tanti.
Croci senza nome. Senza retorica. 9000 lapidi tedesche, 9000 americane.
Nessuno ride. Ci sono i cartelli per ricordarlo, ma penso che pochi riderebbero comunque.
Mi sono impregnato dell’orrore della morte. Ho voluto vedere.
Onore ai caduti.
Ma basta morti.

2 commenti:

Laura ha detto...

Marino Sinibaldi intervista Mario Rigoni Stern poche ore dopo la strage di Nassirya:
MS: Le sue impressioni vedendo le immagini di queste ore.
RS: Ma guardi, io ricordo quand’ero in Russia il mio comandante di battaglione, che quando incontravamo un caduto, qualsiasi fosse, fosse un italiano, fosse un russo o un civile, si metteva sull’attenti e salutava. Della morte si deve aver rispetto: questo ho presente. Però ho presente anche un’altra cosa: che quando in Russia scomparve un’armata e mancarono centomilanovecentonovantanove uomini, secondo i calcoli del Ministero della Difesa, in Italia nessun giornale ne parlò. Allora io credo che sulle emozioni e sulle comunicazioni di massa abbia molta importanza anche l’immagine.
MS: le immagini di questi giorni ci hanno raccontato le storie di militari carabinieri che vengono da tutta Italia, dal nord come dal sud. E questo ha reso superflua e persino sciocca una discussione che era stata fatta sulla provenienza dei soldati, le regionalità.
RS: Ma no! Questo sud/nord è stupido, come quella delle etnie del nord e dei discorsi che fanno uscire ora. Durante la Grande Guerra sono morti siciliani, calabresi, veneti, lombardi piemontesi, e anche durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma scherziamo? Queste sono cose che non hanno senso, assolutamente. Davanti alla morte dobbiamo avere rispetto. E anche davanti alla morte dei connazionali dobbiamo avere rispetto.

Laura ha detto...

MS: In queste ore si torna anche a parlare di patria. A Roma, almeno, sul percorso di quelle povere bare c’erano dei tricolori.
RS: Sì, sì. Ma io ho anche altre immagini, altri ricordi. Mi rendo conto che ci sono morti e morti. Perché, guardi, purtroppo ci sono fatti molto emotivi che comunicano uno con l’altro. Ricordiamo le manifestazioni per il Milite ignoto nel 1922, quando le salme vennero tumulate lì dove c’è quello che si chiama l’Altare della Patria (qui non sento molto bene, purtroppo! n.d.r.).Ricordiamo anche i tanti milioni di morti della Seconda Guerra Mondiale. Milioni di morti. Morti violente e orribili che sono state perpetrate in ogni angolo d’Europa. Ora, certo, questa immagine violenta ci riporta alla realtà. Siamo abituati a vivere nelle nostre case, al caldo, e non pensiamo a quello che capita sulla terra. Ma ci sono dei morti che pesano tanto e dei morti che pesano poco. Ecco, io sono forse un po’ crudele, ma mi sembra che i morti dei paesi dove c’è un certo benessere pesino molto di più dei morti tra la povera gente, dove c’è fame e miseria
MS: quindi ci sono morti che pesano di più e morti che pesano di meno….
RS: Certo, certo! Anche tra di noi
MS: Secondo Lei, il dolore può rendere più saggi, come diceva qualche editorialista in questi giorni, anche da un punto di vista collettivo?
RS: Il dolore viene ampliato dalle cerimonie. I media, la televisione, la radio, i giornali, le fotografie, il parlarne, lo moltiplica per centomila. Ma perché ci sono morti che valgono tanto e morti che valgono poco?
MS: Lei farebbe meno cerimonie?
RS: Ma io le farei sì, meno cerimonie! Beh, le cerimonie richiamano pure un certo spirito di patria, diciamolo. Però dobbiamo ricordare anche le cose che vengono fatte senza cerimonie.
MS: Le cerimonie aiutano a condividere il dolore, a essere vicini alle famiglie colpite, però contengono un rischio secondo Lei?
RS: Indubbiamente. Quando siamo tornati dalla Russia, ‘sti quattro disgraziati che siamo sopravvissuti, avevamo il torto di essere vivi.
MS: Terribile. È utile aver la possibilità con Lei, Rigoni Stern di ricordare altri eventi che ci aiutano a sovrapporli e a paragonarli al presente. Nel presente, invece, sembra quasi che le famiglie siano abbracciate dai connazionali.
RS: Certo, certo! Ma molte volte il dolore ostentato diventa spettacolo.
MS: Io La ringrazio, perché ci sta mettendo in guardia da molti rischi di queste ore.
RS: Guardi, io parlo franco, com’è mia abitudine.
MS: Lei nella ritrovata esibizione/ostentazione del tricolore vede qualche pericolo?
RS: No, no! Questo, no. È un richiamo. Accanto al Tricolore vorrei vedere anche la bandiera della pace.
MS: E Lei l’idea di Patria l’ha sempre sentita forte in questi anni? Anche in Russia?
RS: Eh, Beh! Certamente. Ero ragazzo allora ma questa cosa la capivo.